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Il mio primo viaggio in Iran nel 1972 fu un amore a prima vista, ma anche un amore profondo destinato a durare nel tempo. Certo è che la successiva e continua frequentazione di quel mondo ha plasmato in maniera decisa la mia sensibilità nei confronti del paesaggio. Ho infatti imparato a conoscere una "persianità" verso cui mi sono fatto sensibile in quella terra ma che mi ha poi così profondamente educato a riscoprire i segni di se stessa anche altrove, assurgendo a vera e propria costante universale, da rendermi presto ricettivo, ovunque io vada, al uso solo richiamo. A forza di viaggiare in Iran, cioè, si sono delineati nella mia mente e nel mio animo i tratti di un paesaggio concettuale di cui ormai trovo, sempre più spesso, la realizzazione anche in altre nazioni. Il mondo ha in un certo senso perduto i propri confini. Si è prodotta una sorta di globalizzazione estetica del paesaggio, promossa da un territorio che è diventato, nel mio percorso formativo, esport atore pacifico e incontrastato di bellezza.